mercoledì 13 gennaio 2016

30 anni – Polpette di Verza con Farina… di ceci



TRENTA anni fa. Sulla mia testa c’erano moltissimi capelli in più e dentro la mia testa c’erano mille sogni, duemila ideali ed un chiodo fisso: il Milan. Ventiquattro ore al giorno, trecentosessantacinque giorni all’anno. In realtà i chiodi fissi erano due ma il secondo, e chiedo scusa alle signore che leggono, lo potete facilmente immaginare.
La vita ti cambia, la vita ci cambia. Potete dire il contrario quanto vi pare ma, se vi guardate indietro, il ragazzo che eravate a quindici anni non c’è più. La tela è rimasta la stessa ma il dipinto che tutti vedono non è quello che volevate dipingere.
Oggi continuo a non andare più dal parrucchiere ma solo perché me lo porto a casa. È un francese che si chiama Gillette e ogni due giorni mi pettina come una palla da biliardo. Dentro la testa i segni hanno lasciato il posto alle preoccupazioni e gli ideali alle bollette che hanno causato quelle preoccupazioni ma i chiodi fissi son sempre due: la felicità delle mie figlie ed il Milan; nell’ordine esatto in cui sono state scritte. Ventiquattro ore al giorno, trecentosessantacinque giorni all’anno.
La vita ti cambia ma i difetti restano sempre gli stessi.
TRENTA anni fa anche Silvio Berlusconi aveva due chiodi fissi e, vi scongiuro, non fate facili battute; sto provando ad essere serio almeno per oggi. Da qualche tempo l’imprenditore brianzolo, oltre a rivoluzionare il mondo delle televisioni in Italia, stava pensando a come trasformare il Milan nel simbolo popolare e tangibile del proprio successo. Curiosamente i miei pensieri più felici di un Milan vincente coincidevano con i progetti che il gruppo Fininvest aveva preparato. L’altro chiodo fisso erano i comunisti che vedeva come il fumo negli occhi.
La vita ti cambia e, sicuramente, ha cambiato anche Silvio Berlusconi.
Oggi non sapremmo dire cosa ci sia nella testa del presidente onorario del Milan. Di sicuro non ci sono più i comunisti ma con altrettanta certezza possiamo dire che il Milan non è più una priorità né per lui né per il gruppo industriale che a lui fa capo.
Trenta anni fa, esattamente trenta anni fa, Giuseppe Farina abbandonava la presidenza del Milan lasciandola, temporaneamente, nella mani di Rosario Lo Verde traghettatore fino all’avvento, di li a poche settimane, di Silvio Berlusconi.
Giussy Farina, imprenditore vicentino classe 1933, compra il Milan, povero e retrocesso, nel Gennaio del 1982 e dopo quattro anni lo lascia, povero e virtualmente fallito, nelle mani del suo attuale proprietario dopo solo quattro anni di una presidenza che passerà alla storia come una delle peggiori della storia del Milan.
Oggi il gradasso del web rossonero ci fa sapere che tra “Farina e Berlusconi c’è un oceano” e che “per la verità e la Storia” lui c’è. Urca…
Tra Berlusconi e Farina c’è un oceano? Me la cavo a buon mercato con un “non lo so e non mi interessa”.
Potrei stare qui a spiegare al gradasso del sabato mattina che Farina dava in affitto il centro sportivo di Milanello agli sposi e che oggi c’è un posto chiamato Casa Milan dove, copio direttamente dal sito web,dopo la visita al museo la festa continua con l’aperitivo, la merenda e il taglio della torta con il brindisi aCucina Milanello insieme alla mascotte e con un fotografo dedicato, mentre al Milan Store è possibile acquistare regali unici a tema AC Milan per il festeggiato e per gli ospiti. I party a Casa Milan non sono solo dedicati ai piccoli rossoneri, tutti possono festeggiare un lieto evento tra Cucina Milanello e Museo Mondo Milan.Vuoi scoprire di più sulle feste a Casa Milan? ContattaciOppure potrei stare qui a spiegare che quel Milan ha quasi ceduto Franco Baresi alla Sampdoria mentre il Milan di Berlusconi ha sicuramente ceduto Shevchenko, Kakà, Thiago silva e Ibrahimovic.
Potrei dilungarmi ad illustrare perché dire che Baresi, Maldini, Galli, Evani, Tassotti e compagnia furono un lascito del Milan di Colombo e non di quello di Farina è come dire che la maglia rossonera è un lascito del Milan di Colombo e non di quello di Farina. Non c’è peggior sordo di chi non vuole sentire. La gestione Farina cede, fra i suoi gioielli, Battistini ed Incocciati. Il resto lo lascia, comprato per una cifra relativamente bassa, alla gestione successiva. Nel suo primo anno intero di gestione il Milan berlusconiano ha in rosa, ereditati dalla gestione precedente: Baresi, Costacurta, Galli, Maldini, Tassotti, Di Bartolomei, Evani, Stroppa, Wilkins, Hateley e Virdis. Otto di questi saranno fondamentali per i trionfi futuri.
Il Milan targato Berlusconi e Galliani non mette in campo un prodotto del vivaio decente dai tempi di Albertini ma Darmian gioca a Manchester e Astori gioca nella Fiorentina. Così giusto per gradire.
Potrei, ma non lo farò.
Mi limiterò a sottolineare che quando parlo del Milan di Farina lo faccio con la nostalgia di chi vedeva in quella squadra un Milan da amare comunque a dispetto di quanto fosse povero, indebitato ed avesse un modello “ruspante” di gestione. In quella squadra il suo popolo non faceva nessuna fatica a riconoscersi né faceva fatica a riempire gli stadi anche in Serie B. A quei tempi la sciarpa del Milan era una “reliquia”, una divisa da mostrare con orgoglio e Vinicio Verza un autentico idolo. Da ragazzo compravo le scarpe della Tepa Sport perché erano quelle di Vinicio.
Quel Milan è l’esatto opposto di quello attuale. Quello voleva ma non poteva, questo potrebbe ma, per motivi che esulano da qualsiasi logica, non vuole. E forse non è nemmeno interessato a volere.
Quel Milan era povero ma amatissimo, questo ha alle spalle uno dei principali potentati economici italiani ma lo stadio deserto ed il minimo storico di abbonati.
Quel Milan aveva una tifoseria appassionata e granitica nella sua coesione, questo ha un establishment che passa il tempo ad insultare i propri tifosi qualificandoli come “non evoluti” e “tastieristi” o facendogli i versacci nelle telecronache.
Io parlo di amore, passione, valori e radici. Parlo della tensione snervante che ha accompagnato i miei prepartita con la Pistoiese e con il Real Madrid. Parlo delle lacrime quando siamo retrocessi; era il giorno della comunione di mia sorella e, senza permesso, abbandonai il tavolo al ristorante per andare ad inginocchiarmi accanto alla portiera di una Giulietta con l’autoradio accesa per scoppiare in un pianto dirotto al fischio finale. Parlo delle lacrime al rigore di Sheva a Mnachester.
Parlo di etica cacciavite, parlo di vedere Milan-Como 0-2 sotto una nevicata furibonda e dell’amichevole Milan-Dinamo Kiev a 4 gradi sotto lo zero.
Mi si risponde con un elenco di trofei ignorando che questa squadra non ha più l’amore dei suoi tifosi.
Ha ragione il gradasso. Tra il Milan di Farina e quello di Berlusconi c’è un oceano.
Anche tra  noi e loro.
Incolmabile.
Andatevene, maledetti.
Pier

Belli anche i commenti...

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